Nel caso in cui la banca non volesse accettare la proposta transattiva officiata ovvero non la ritenesse congrua, l’ufficio legale di Co.Le.Fin. S.r.l., coordinato dall’Avv. Giovanni Uccella, valuterà la sussistenza dei presupposti fattuali e normativi per poter ottenere – in presenza di comportamenti censurabili dell’ente creditore - una pronuncia giudiziale di accertamento negativo del credito oppure, in via gradata, di rideterminazione delle pretese creditorie.
Ancora, invocare l’intervento del Giudice è necessario anche nell’ipotesi in cui, sempre a seguito di valutazione tecnica da parte dei professionisti della Co.Le.Fin. S.r.l., non è necessario officiare alcuna proposta transattiva alla banca in quanto gl’inadempimenti di quest’ultima sono talmente gravi da non essere legittimata a richiedere nessuna somma, neanche transattivamente.
Ciò posto, di seguito vengono descritti i principali strumenti giudiziari azionabili dai legali della Co.Le.Fin. S.r.l. a tutela degl’interessi dei propri assistiti:
Nel 2011 è entrata in vigore la riforma che introduce la Mediazione Civile – obbligatoria per eventuali contenziosi aventi ad oggetto contratti bancari - con l’obiettivo principale di ridurre l’avvio di nuove cause che potrebbero decidersi agevolmente con l’intervento di un terzo professionista, offrendo al cittadino uno strumento più semplice e veloce per risolvere le controversie con tempi brevi (non oltre 3 mesi) e costi contenuti e predeterminabili.
La mediazione è l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere creditore e debitore sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.
n pratica, due o più parti, assistite dai rispettivi avvocati, si incontrano presso un Organismo di Mediazione accreditato dal Ministero della Giustizia per cercare un accordo attraverso il fondamentale intervento del Mediatore Professionista, che si è accuratamente formato e preparato per aiutare le parti a incontrarsi e a trovare una soluzione conveniente per entrambe.
La mediazione, in definitiva, oltre a conferire credibilità alle motivazioni che supportano le proposte transattive dei debitori (che certamente non avvierebbero un giudizio se non fossero convinti delle proprie ragioni), rappresenta anche un’opportunità d’incontro tecnico tra i rispettivi difensori che, dopo aver depositato tutta la documentazione probante, possono confrontarsi agevolmente sulle rispettive doglianze per poi interagire con i rispettivi clienti ai quali rappresentare lo stato di fatto e di diritto che coinvolgerà le rispettive pretese, agevolando una definizione bonaria dell’insorgenda controversia giudiziaria.
Le banche, o le cessionarie dei crediti in sofferenza, qualora la fase stragiudiziale o la mediazione siano esitate infruttuosamente, notificano ai debitori il Decreto Ingiuntivo per il pagamento delle somme dovute.
La banca ricorre a questo strumento per ottenere un titolo esecutivo nei confronti del debitore per poi procedere con la fase esporpriativa; è proprio per questo motivo che è fondamentale per il debitore notificare alla banca l’opposizione al Decreto Ingiuntivo trasformando la procedura instaurata dalla banca da monitoria a cognizione piena di merito.
Ancora, notificata l’opposizione ad opera dei legali della Co.Le.Fin. S.r.l., le tempistiche subiscono una dilatazione importante ed agevolano una definizione bonaria della controversia perché la Banca è restia ad attendere tempi lunghissimi ed imponderabili prima di incassare il proprio credito o presunto tale; questa situazione, se supportata dalla produzione di documenti pertinenti redatti dai tecnici in house, rappresenta lo scenario più frequente di bonario componimento della lite anche perché le spese legali occorrenti per il patrocinio legale rappresentano un costo che la Banca deve sostenere a prescindere dall’esito del giudizio a differenza dei nostri clienti che pagano gli onorari dei legali solo ad esito vittorioso.
Opporsi al decreto ingiuntivo è, quindi, necessario per transigere con il creditore che, altrimenti, avrebbe molta più forza contrattuale tale da farlo desistere dalla sottoscrizione di accordi transattivi.
L'azione di accertamento negativo è un atto di citazione con il quale si contesta la validità dei saldi esposti sugli estratti conto. Tale atto di citazione inibisce eventuali decreti ingiuntivi o pignoramenti da parte della banca, che non può intraprendere nei confronti del cliente azioni riferite alle posizioni contestate, ma potrà solo difendersi e dimostrare le sue ragioni nello stesso procedimento.
L'azione di accertamento negativo blocca l'istituto di credito (per 3/4 anni) e gl’impedisce di segnalare "a sofferenza" il debitore essendo la questione “sub iudice”.
Per avviare questo tipo di azione giudiziale è necessario supportarla con perizie contabili dettagliate ed accurate (delle quali si occuperanno i nostri periti) oltre che con tutta la documentazione bancaria e corrispondenza intercorsa.
Questa strategia processuale può esitare con una declaratoria di insussistenza del credito con annessa condanna della Banca alla restituzione di quanto medio tempore incassato dal cliente; più frequente, però, è l’ipotesi di accordo transattivo in pendenza di giudizio che consente al debitore di pagare un importo notevolmente inferiore a quello richiedibile dalla banca ed a quest’ultima di evitare l’alea di una soccombenza ma soprattutto di una sentenza di condanna replicabile ed utilizzabile da altri correntisti.
Gl’interessi anatocistici sono gl’interessi sugli interessi già maturati. In altre parole, l’interesse maturato viene portato a capitale (capitalizzazione degli interessi) ed è a sua volta produttivo di altri interessi.
Le Banche che hanno applicato questo criterio di calcolo degl’interessi devono restituire al correntista quanto incassato (oppure rinunciare alla relativa pretesa) a titolo di interessi su interessi precedentemente capitalizzati.
La richiesta di restituzione degli interessi anatocistici può essere avanzata sia per ottenere liquidità sia per eventualmente paralizzare una richiesta di rientro della banca con la quale intraprendere un percorso di bonario componimento che troverà terreno fertile in uno scenario caratterizzato dall’inversione dei ruoli tra correntista ed ente mutuante.
Operativamente, qualora il nostro cliente volesse contrastare le pretese della banca chiedendo la compensazione di quanto dovuto con quanto dovrebbero ricevere a titolo di restituzione degl’interessi anatocistici pagati, sarà necessario procedere nel seguente modo:
Ulteriore strumento per paralizzare le azioni recuperatorie della Banca è la citazione in giudizio di quest’ultima nel caso sussistano i presupposti della Concessione abusiva del credito per il quale si procede.
In particolare, la concessione del credito può ritenersi abusiva allorquando l’ente creditizio proceda a concedere un credito nei confronti di un cliente che versi in una instabile e precaria situazione finanziaria.
Non è necessario che il cliente versi già in uno stato di fallimento giacché ciò che rileva ai fini della condotta abusiva è la sicura insolvenza della parte debole del rapporto.
Tale concessione, tuttavia, produce un danno economico di duplice natura, sia nei confronti del cliente che delle imprese concorrenti e dei creditori.
Nei confronti del cliente la concessione abusiva del credito rappresenta un inadempimento contrattuale che arreca un danno di natura economica rappresentato dall’espansione e dall’aggravamento della situazione debitoria; nei confronti delle imprese concorrenti e dei creditori, la concessione abusiva crea l’affidamento circa la favorevole situazione finanziaria del cliente occultando il reale stato di insolvenza.
In tal caso, l’attività della banca è perfettamente qualificabile come un illecito civile, previo accertamento degli elementi costitutivi imposti dalla legge.
A tal fine, in relazione al regime probatorio, la parte lesa è obbligata a provare non solo il nesso di causalità tra il danno patrimoniale verificatosi e la concessione abusiva della banca ma, altresì, la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa o del dolo.
L’elemento del dolo in particolare è accertato al momento dell’erogazione del credito allorquando sia fornita la prova della piena consapevolezza, a opera della banca, dello stato di insolvenza del cliente.
Diversamente, l’elemento della colpa ricorre allorquando la banca non abbia raccolto esaurientemente le informazioni necessarie circa lo stato economico - finanziario del cliente, o non abbia accuratamente valutato le conseguenze della concessione creditizia sulla sua situazione debitoria.
Ciò posto, come per gli altri strumenti giudiziali messi a disposizione del debitore da parte del Legislatore, anche questa fattispecie di giudizio può esitare con la condanna dell’ente creditizio al risarcimento dei danni in misura più o meno corrispondente al credito erogato ovvero, come frequentemente accade, può rappresentare un ottimo scenario per addivenire ad un accordo transattivo soddisfacente per entrambe le parti.
Accedere alla legge 3/2012 rappresenta una validissima alternativa al classico contenzioso banca/cliente in quanto il debitore offre tutto quello che ha al ceto creditorio che, quindi, è obbligato ad accettare – ognuno in quota parte – quanto offerto in quanto non ci sono ulteriori strade percorribili per ottenere l’intero importo del credito vantato.
In particolare, l’articolo 7, capo II, della legge 3/2012 recita:
Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo stesso, compreso l’integrale pagamento dei titolari di crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato, anche parzialmente, salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 4. Il piano prevede le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti, le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.
In sostanza, la legge salva suicidi concede ai privati cittadini la possibilità di rivolgersi al Tribunale a seguito di una crisi da sovraindebitamento. In caso di situazione di effettiva difficoltà economica e a seguito degli accertamenti di giudice e dell’esperto contabile, il privato cittadino potrà accedere ad un piano di rientro creditizio commisurato a quanto è realmente in grado di pagare.
Tra i creditori si possono annoverare soprattutto Equitalia e le Banche: se, a titolo esemplificativo, un privato ha contratto un mutuo di €. 100.000,00 che non riesce più a pagare a causa di un’effettiva difficoltà economica, egli può proporre all’istituto una riduzione della somma. Molto spesso alla banca, a causa della crisi che affligge il settore immobiliare, converrà infatti raggiungere un accordo con il cittadino che vendere l’immobile all’asta.
Lo stesso discorso vale per Equitalia che non potendo effettuare un pignoramento sulla prima casa riuscirebbe a rientrare in possesso di una piccola parte della somma.
Per quanto riguarda, invece, i fornitori la legge salva-suicidi prevede delle agevolazioni fiscali dovute al fatto che essi percepiscono delle cifre inferiori rispetto a quelle pattuite precedentemente. Insomma, da un lato il cittadino potrà ripagare i propri debiti in base a quanto realisticamente può permettersi, dall’altro i creditori riusciranno a recuperare parte dei propri soldi.
Per verificare che sussistano i presupposti per accedere ai benefici della legge 3/2012 (Legge “anti-suicidi”) è necessario effettuare una due diligence finanziaria e patrimoniale del debitore in rapporto alla propria esposizione debitoria; qualora i parametri di indebitamento dovessero rientrare tra quelli previsti per legge, i legali della Co.Le.Fin. S.r.l. si adopereranno per depositare il piano di rientro, corredato dei documenti e relazioni tecniche contabili e di stima, ai fini dell’omologa necessaria per legge.
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